Giornata della Memoria 2021
Visita virtuale della mostra “I disegni dei bambini di Terezin”
Una città fortezza e di frontiera costruita nel 1780 dall’imperatore Giuseppe II e dedicata alla madre Maria Teresa da cui il nome “Theresienstadt”, diventò tra il 1942 e il 1944 il “ghetto dell’infanzia”.
Vi furono rinchiusi circa 15.000 bambini strappati ai loro genitori, e sottoposti a un brutale regime di vita.
Dei quindicimila bambini, soltanto un centinaio erano ancora vivi al momento della liberazione.
Ringraziamo la Sede italiana del Consiglio d’Europa, l’Associazione Figli della Shoah e il Museo Ebraico di Venezia – CoopCulture, che hanno reso disponibile la visita virtuale della mostra “I disegni dei bambini di Terezin” allestita a Venezia. Il link sarà disponibile dal 4 febbraio alla pagina Facebook del Consiglio d’Europa Ufficio di Venezia.
Il video della durata di circa 30 minuti, illustra una selezione dei più significativi disegni e poesie dei bambini del ghetto di Terezin.
La collezione (4000 disegni e 66 poesie), conservata oggi nel Museo Ebraico di Praga, è pervenuta ai giorni nostri grazie all’insegnante di disegno Friedl Dicker-Brandeis che nascose in due valigie i disegni.
Terezin “ghetto dell’infanzia”
A Terezin si consumò una delle più aberranti invenzioni della follia nazista.
Donne e uomini, anch’essi deportati, destinati alla sorveglianza dei ragazzi, riuscirono a mantenere in loro il senso della vita, facendoli lavorare e studiare.
Nonostante l’educazione dei bambini ebrei fosse vietata fin dai tempi dell’editto del 1940, nel ghetto si ottenne il permesso di insegnare il disegno, il canto, l’artigianato.
I nazisti si sforzarono a più riprese e in diversi modi di spacciare Terezín come un ghetto modello. Essi cercarono di offrire un’immagine idilliaca (e quindi del tutto falsa) di Theresienstadt, per nascondere quello che effettivamente stavano mettendo in atto, nei confronti degli ebrei.
I nazisti organizzarono due visite della Croce Rossa alla Grande fortezza. La prima delegazione arrivò nel giugno 1943, un mese dopo che le autorità tedesche (sempre a scopo propagandistico) avevano cambiato il nome ufficiale di Terezín, cosicché il ghetto si chiamava ora insediamento ebraico.
La seconda visita (23 giugno 1944) fu invece orchestrata al meglio dai nazisti, che la prepararono nei minimi dettagli.
Nelle sei ore che Maurice Rossell e gli altri delegati passarono nella Grande fortezza, fu mostrato loro un ghetto modello del tutto finto, con gente sana, vitto abbondante e alloggi puliti, tutt’altro che sovraffollati.
L’inganno riuscì perfettamente. Una parte del merito va attribuita pure all’ingenuità di Rossell, che anche a distanza di anni non riuscì mai a capacitarsi davvero di essere stato clamorosamente imbrogliato (fonte Associazione figli della Shoah).
Un’ampia documentazione sulle visite della Croce Rossa consultabile nel sito del Museo Yad Vashem