Pensare il presente, immaginare il futuro
La società dell’informazione e della comunicazione, il cosiddetto villaggio globale, offre l’esperienza dell’iperstimolazione consumistica, l’eccesso di input, di stimolazione, che fa emergere da un lato il crescere delle manipolazioni e delle campagne mediatiche che hanno come obiettivo orientare l’individuo e l’opinione pubblica, dall’altro l’esigenza di aumentare le difese e gli strumenti per pensare, come il critical thinking e il dialogo socratico, intesi come possibilità di mettere in discussione i presupposti concettuali del mondo dato per saggiarne la consistenza.
Il cittadino globale è immerso nella solitudine e nello spaesamento e gli spazi di riflessione, dialogo e azione politica si sono ristretti. Il reale è diventato virtuale.
Il problematico rapporto individuo/società si complica oggi come capacità di affrontare la complessità del mondo della vita influenzata dalla rivoluzione digitale.
Il tempo sta cambiando. L’agire umano e l’esperienza perdono il loro primato nella complessità e nella scala dell’organizzazione sociale di oggi. Gli attori protagonisti sono invece sistemi complessi, infrastrutture e reti in cui il futuro sostituisce il presente come condizione strutturante del tempo.
I dispositivi digitali hanno cambiato gli uomini e il loro modo di pensare. Alla comunicazione in presenza, alla capacità di analisi e alla visione del futuro si sono sostituiti interlocutori fantasmatici immersi in un presente continuo ossessivo e sempre visualizzabile in immagini memetiche attraverso uno schermo.
Il soggetto è parte uno sciame digitale di individui anonimi e isolati, che si muovono disordinati e imprevedibili come insetti mutanti.
Ci si interroga su ciò che accade quando una società – la nostra – rinuncia al racconto di sé per contare i “mi piace”, quando il privato esibito si trasforma in un pubblico che cannibalizza l’intimità e la privacy. E su cosa accade ad una società che mistifica la virtù in nome del performabile. E su che cosa comporta abdicare al significato e al senso per un’informazione reperibile sempre sincronicamente ma spesso deforme e inaffidabile.
Prevale da un lato un linguaggio tecnico specialistico, dall’altro un linguaggio dominato dall’odio e dalla polarizzazione, mentre la tolleranza, l’apertura, l’argomentazione, il dialogo, il confronto ragionato, sono messi ai margini della narrazione dell’immaginario collettivo, la realtà sembra richiedere mercenari da addestrare alla guerriglia social.
Siamo compenetrati dalla realtà informatica e l’essere connessi è diventato parte integrante della nostra quotidianità, tanto che Luciano Floridi, docente di filosofia ed etica dell’informazione all’Università di Oxford, parla di vite condotte onlife, in un’infosfera sempre più sincronizzata, delocalizzata e correlata:
«ciò che è reale è informazionale e ciò che è informazionale è reale»
afferma Floridi riprendendo la celebre formula hegeliana.
“Veniamo raggiunti da storie, narrazioni, bugie, sermoni, interpretazioni, verità più o meno credibili, fantasticherie, assurdità, cronache e chi più ne ha più ne metta, e in mezzo a tutto questo ci si mette anche la paura di sbagliarci, di fallire, di non raggiungere la felicità, che ci rende superstiziosi. E il parabrezza viene ricoperto, la ragione si fa opaca, non riusciamo più a vedere la strada né a riconoscere la verità. E, gioiosamente circondati di storie bellissime, ci schiantiamo.
Rick Du Fer
Le comunicazioni on line segnano una differenza importante rispetto al dialogo in presenza.
Come del resto ogni relazione che si sviluppa in rete è sostanzialmente diversa rispetto alle relazioni interpersonali a cui siamo abituati. Mancano tutte le qualità fisiche e relazionali di un vero rapporto umano: gestualità, tono della voce, sguardo, pause e tempi di reazione, rapporto, socievolezza.
Il dialogo on line è un dialogo senza corpo, fatto al massimo, in tempi di piattaforme streaming, di volto, voce e sguardo fisso in webcam, e la chat a latere. Di certo il modello social non favorisce il dialogo di natura socratica o filosofico, anche tentativi di amici o conoscenti in questo senso mostrano la corda: la brevità del testo, il tempo di connessione, la frettolosità che è connaturata alla frequentazione dei social media, l’impossibilità di un approfondimento reale, sono tutti motivi per cui il dialogo social non si può considerare vero dialogo. E’ tuttalpiù conversazione appunto, chiacchiera, opinione, umoralità ma anche finzione, maschera, velo di Maya.
Possiamo accontentarci di credere che oggi come oggi in un tempo incerto e relativista come il nostro, come diceva C. Preve:
“(…) la ragione è un’opinione soggettiva del tutto equivalente all’opinione per cui non esiste nessuna ragione ma solo un triste irrazionalismo caotico ed infondato, ed infine il linguaggio è l’unica realtà che mette ordine razionalmente in un ammasso caotico di fatti e di valori.”?
Eppure anche nel linguaggio vediamo una corruzione graduale e pervasiva, esiste infatti ’hate speech, il linguaggio d’odio:
“l’espressione «hate speech» fa riferimento a tutti quei comportamenti – verbali soprattutto – violenti, minatori, poco rispettosi dell’altro e che creano un clima di ostilità e un ambiente più in generale poco favorevole”.
Come possiamo sviluppare una cultura digitale etica e responsabile che possa mantenere la possibilità del dissenso e i valori della democrazia e del dialogo in un’era di vuoto nichilistico e conflitti polarizzati?
«Nessuno controlla il sistema in modo globale, e la struttura stessa di internet garantisce che nessuno potrà controllarlo in futuro. Internet promuove la crescita della conoscenza creando al contempo forme di ignoranza senza precedenti». (Luciano Floridi 1995)
«Internet non s’insinua dentro di noi, ci mostra solo ciò che sta dentro di noi. Tutto dipende da quello che cerchiamo: i dispositivi tecnologici si limitano a rendere più o meno realistici i nostri desideri e più o meno veloce ed efficace la nostra ricerca» ( Z. Bauman 2013)
Indicazioni per approfondire
Luciano Floridi. La rivoluzione dell’informazione. Codice Edizioni, Torino 2012
K.-O. Apel, Etica della comunicazione, Jaca Book ed., Milano 1992.
Sanna Ignazio, L’etica della comunicazione nell’era digitale, Studium 2012.
N. Carr, Internet ci rende stupidi? Come la Rete sta cambiando il nostro cervelli, Hoepli 2011,
M. Ranieri, S. Manca, I social network nell’educazione, Basi teoriche, modelli applicativi e linee guida, Erickson 2013
Jaron Lanier, Dieci ragioni per cancellare subito i tuoi account social, Il Saggiatore 2018
Evgeny Morozov, L’ ingenuità della rete. Il lato oscuro della libertà di internet, Codice edizioni 2018
Rocco Ronchi. Come fare. Per una resistenza filosofica, Feltrinelli, 2014
C. Preve, Elogio della filosofia, Editrice Petite Plaisance,2003