Pensare il presente, immaginare il futuro
Nello sciame
Come scrive Edoardo Camurri “La tecnologia sta portando alle estreme conseguenze, con risultati paradossali e paralizzanti, alcuni miti e concetti fondativi: identità, anima, libertà, tempo, morte”.
Tutto ciò apre orizzonti ricchi di opportunità. Per saperle cogliere, tuttavia, occorre un nuovo approccio alla realtà per comprendere la forma che le stanno dando le tecnologie e l’impatto che queste hanno sulle nostre esistenze e sulle nostre identità.
L’ambizione dei pionieri del web era quella di rimuovere le cause degli orrori del ‘900, fuggire dalle limitazioni imposte dalla realtà fisica, far saltare tutte le mediazioni che portano alla conoscenza, abbattere la concentrazione del potere nelle mani di pochi e sviluppare le capacità di tutti e non solo quelle di una élite.
Le loro idee nobili, innovative, rivoluzionarie (e forse ingenue) si sono infrante contro il colosso capitalista, che ne ha colonizzato le creazioni. Con obiettivi molto diversi.
Per citare Nick Land: «Il capitale conserva caratteristiche antropologiche solo come sintomo di sottosviluppo, riformattando il comportamento dei primati come inerzia da dissipare in un’artificialità auto-rinforzante. L’uomo è qualcosa che esso deve superare: un problema, una resistenza».
In cambio della gratuità dei servizi offerti, i grandi colossi della rete succhiano le informazioni personali degli utenti e alimentano la loro dipendenza social per tenerli intrappolati in una specie di gabbia da cavie per esperimenti. Per evitare questo scenario si tratta di attivare potenze inespresse capaci di sottrarsi a questa dinamica.
L’insicurezza di cui soffre l’individuo nell’era della globalizzazione digitale genera assenza di comunità.
Sorge quindi anche un nuovo bisogno di comunità, in questo senso si può parlare di nuove comunità come dicevo all’inizio, di comunità educanti come contrapposte all’individualismo egoista dell’homo homini lupus.
Bauman definisce una comunità possibile quella “responsabile, volta a garantire il pari diritto di essere considerati esseri umani e la pari capacità di agire in base a tale diritto”. Il desiderio di comunità nasce anche perché sentiamo di non avere radici in nessun luogo e il digitale amplifica questo senso di dispersione esistenziale. Non ci sono più, infatti, punti di orientamento che indichino un ambiente sociale “stabile”, e avanza così la tendenza a non mettere le radici in nessun dove. Serve, mediando il concetto da Simone Weil, un nuovo radicamento digitale. Forse come dice Bauman, servono comunità flessibili e “a tempo”, che si possano smontare facilmente e che facciano leva unicamente sui loro sogni e desideri.
Eppure tutto sembra andare in direzione opposta a questo. Omologazione e isolamento prevalgono.
Luciano Floridi dice che il progresso delle tecnologie informatiche e di comunicazione (ICT) rappresenta una rivoluzione (la quarta) di così grande impatto e così veloce nel suo evolversi che la filosofia sarebbe l’unica disciplina che per statuto avrebbe il dovere di interrogare questo enorme cambiamento, pari a quello che 6000 anni fa investì il mondo con la nascita della scrittura e 2500 anni fa coinvolse Platone nel dibattito sull’oralità contro la scrittura.
Floridi è un filosofo italiano naturalizzato britannico, professore ordinario di filosofia ed etica dell’informazione all’Università di Oxford, dirige il Digital Ethics Lab. Afferma che siamo passati dalla storia all’iperstoria, ovvero le ICT sono diventate condizione necessaria di supporto alle nostre vite, e che le strutture digitali sostengono di fatto le società più avanzate.
Fake news, algoritmi, influencer, manipolazioni mediatiche, censura, privacy: questi rappresentano i temi in gioco e sono diversi e complessi. Da ormai diversi anni queste riflessioni critiche sul digitale hanno iniziato a girare tra le diverse comunità culturali internazionali e lo hanno fatto partendo dall’interno, dagli addetti ai lavori da chi ci lavora, il ritardo è grave ed è della società e delle istituzioni incapaci di reagire ad un così rapido progresso gestito dalla finanza e strutturato sulla libertà di mercato.
Ci sono in campo proposte? Rottura del monopolio, imporre codici etici, legiferare sulla trasparenza, favorire l’incremento e la diffusione del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati, studiare e comprendere i meccanismi psicologici e neuronali che creano la dipendenza da smartphone, obbligare i colossi digitali ad abbandonare i metodi più aggressivi impiegati per tenerci incollati a smartphone e social network, questi sono solo alcuni. Bisogna dire che sono obiettivi “politici” e riguardano la “classe dirigente” spesso non del tutto autonoma ed indipendente e anzi vincolata a molti di questi colossi del digitale.
Quanto e come riusciamo a difenderci e attrezzarci in un mondo digitale sempre più veloce nel cambiamento e nell’immaginario collettivo globale?
“La connessione digitale favorisce la comunicazione simmetrica. Chi oggi prende parte alla comunicazione non consuma le informazioni solo in modo passivo ma le produce attivamente. Gli abitanti digitali della rete non si riuniscono: manca loro la spiritualità del riunirsi, che produrrebbe un Noi. Essi danno vita a un peculiare assembramento senza riunione, a una massa senza spiritualità, senza anima o spirito. I media digitali isolano gli uomini” (Byung-Chul Han, Nello sciame)
Indicazioni per approfondire
Byung-Chul Han, Nello sciame, Nottetempo, 2015
L. Floridi, La quarta rivoluzione R. Cortina 2017
C. Accoto, Il mondo dato, Egea 2017
Baricco, The Game, Einaudi 2018
J. Lanier, Dieci ragioni per cancellare subito il tuo account social, Il Saggiatore 2018
Federica Negri (Curatore) L’ altro volto del reale. Il virtuale nella comunicazione e nelle arti contemporanee , Mimesis, 2020