SOLUZIONE DEL QUIZ: CHI E’?/2

quel-maledetto-cartello-di-stop-che-inchiodaNon leggete oltre, se non avete ancora giocato o risolto il quiz  CHI E’?/2  e  preferite disporre di un po’ di tempo in più per trovare la soluzione. Ma se volete verificare le vostre ipotesi, o …vi arrendete, allora andate avanti!

Il brano riportato nel quiz è tratto da:

PIETRO CITATI, L’armonia del mondo. Miti d’oggi, Superpocket Rizzoli, 1998.
Il personaggio di cui si parla è …il gatto!
Qui di seguito viene riportato una parte un po’ più ampia del testo originale sull’amico felino, evidenziando con il corsivo la parte che già conoscete.

 

 Il gatto s’annoia. Non voglio dire il gatto che vive all’a­perto, e ha un’esistenza movimentata e interessantissima: caccia topi e farfalle, emigra, viaggia, lotta con gli altri gat­ti, combatte con i cani, e conserva nel corpo tarchiato e robusto, nell’aria spavalda e determinata, qualcosa del vi­gore degli antichi felini. Ma il gatto domestico, l’amabile genio che protegge le nostre case, si nasconde sotto i no­stri mobili e carezza le nostre mani, si annoia profondissi­mamente. La sua vita si è ristretta in poche stanze, dove sta confinato, come un prigioniero elegante. Mai nessuno, credo, nemmeno i grandi splenetici e romantici della let­teratura, consumati dalla noia fino all’intimo dell’organi­smo, si è annoiato tanto. Basta guardarlo, in certi istanti in cui non si difende dietro la discrezione: quando lo sguar­do è percorso da acutissimi lampi di noia – noia allo stato puro, noia attraversata da angoscia; ascoltare certi suoi miagolii, pieni di melanconia e di disperazione. Cosa pen­sa? Cosa sogna? Cosa desidera? Non so quanto sia lunga la sua memoria genetica. Come non immaginare che, in quegli istanti, egli sia divorato dal Rimpianto? Come Ada­mo, ha peccato: ha lasciato il suo Eden colorato e selvag­gio; in cambio della malsicura e talvolta crudele protezio­ne degli uomini.

Se il gatto si annoia, non si lamenta. Se leggesse, dete­sterebbe tutto ciò che lo spleen e l’ennui hanno ispirato ai suoi signori. Ingegnoso com’è, il gatto si è proposto di non cedere alla noia: o di trasformarla in un’arte, simile a quella di cacciare o di pescare o di tessere. Fin dai tempi più antichi ha compreso che il modo migliore per vincere la noia è quello di dormire. Guardatelo dopo il sonno. Ca­pite subito che nel sonno egli ha attraversato campi este­sissimi e compattissimi di noia: che ha vissuto, abitato, pe­netrato la noia; e si è lasciato penetrare da lei, come si abi­ta l’oceano durante la circumnavigazione del mondo.

Malgrado tante scoperte della psicologia, non apprez­ziamo abbastanza il sonno: lo giudichiamo soltanto un’in­dispensabile condizione di passaggio, dalla quale risve­gliarci. Non comprendiamo quei mari di freschezza: quel­le discese nella vita vegetale: quella passeggiata rassicuran­te nell’oscuro che ci avvolge e ci protegge; né il riemerge­re, con gli occhi e la pelle distesi. Solo Shakespeare, Goethe, Proust e il gatto hanno capito cosa sia il sonno. Il gatto sa trarne una ricchezza di piaceri e di forze che noi ignoriamo; e raccomando agli insonni di osservarlo con attenzione.

Noi siamo abituati a dormire soltanto nel nostro letto. Lui, invece, conosce tutti i luoghi della casa, adatti a que­sto tempo dell’esistenza: la poltrona più comoda, dove un altro corpo ha lasciato una cuccia calorosa: il letto appena abbandonato dal dormiente e che odora ancora di sonno: il divano dell’entrata, dove qualcuno ha dimenticato un cappotto tenerissimo; e le borse, le valigie, gli armadi pie­ni di federe e di lenzuola. Egli conosce quali siano i gesti più propizi del sonno. Se la nostra buona educazione ci insegna a non sbadigliare, la sua buona educazione gli ha appreso che, quando arriva il sonno (non bisogna mai al­lontanarlo), dobbiamo accoglierlo con precisione: stringe­re gli occhi fino a ridurli a una fessura, sbadigliare a gola aperta, distendere le membra stanche. Quando il sonno è giunto, il corpo del gatto lo gode, istante dopo istante, nel modo più voluttuoso e profondo. Conosce cento modi per dormire: disteso sulla schiena o poggiato su un fianco, con le zampe rientrate sotto di sé, allungato sul ventre, acciam­bellato su sé stesso, trasformato in un morbido gomitolo di piume, quando il sonno è così intenso da trasportarlo nell’abbandonato regno dei gatti. E poi c’è il risveglio. Il gatto lo mima. Spalanca gli occhi, li richiude, e torna a spa­lancarli. Sbadiglia, perché l’uscita dal sonno è simile al­l’entrata. Si inarca. Stende le gambe una per una, le prova e le riprova, per apprendere l’elasticità accresciuta con la quale andrà incontro alla nuova giornata di luce.[…]

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*