PADRE NOSTRO: DAI CARTELLI COLOMBIANI ALLA CAMORRA I

225275_2069972387913_3510251_nLE NUOVE ALLEANZE DEL NARCOTRAFFICO INTERVISTA A STEFANO COSMO SABOT

Stefano Cosmo, coautore insieme a Piergiorgio Pulixi e  Ciro Auriemma del  romanzo noir intitolato Padre Nostro uscito nel 2014 sotto il nome del  Collettivo Sabot(Rizzoli), interverrà il prossimo giovedì 16 ottobre ad un incontro in Biblioteca con i lettori del Gruppo L’Italia in giallo. In attesa di conoscerlo personalmente, vediamo che cosa  ha svelato di sé e della sua opera in un’intervista che, davvero con grande disponibilità, ha accettato di rilasciare per il pubblico di Spinea.

Padre Nostro è ambientato a Madrid. Sappiamo dalla prefazione Massimo Carlotto che il tutto è nato “da un’intuizione” avuta per le strade di quella città. Che cosa significa, precisamente?
Durante un anno passato a Madrid per motivi di studio ho capito che quella era una città che aveva molto da raccontare, soprattutto a livello di narcotraffico. Leggendo tra le righe delle notizie riportate sui quotidiani e guardandomi attorno, si capiva bene che era un crocevia importante per la criminalità organizzata.
Quindi l’idea iniziale che poi ha portato al libro è stata tua?10406859_10203377542270646_1404882992252154060_n
Sì!
È stato difficile documentarsi, lavorare, scrivere, creare la giusta ambientazione e l’atmosfera di una località lontana e diversa da quella di appartenenza?
Sì, Ha richiesto molto tempo, molti contatti, capacità di analisi e tante cene con persone strane.
È stato così anche per la ricerca di informazioni sul carcere di Valdemoro, presente con un’intensa carica drammatica nella scena di apertura del libro?
Eh, sì… anche qui sono stati necessari tanto tempo e tanta pazienza.
Il carcere madrileno è descritto come un microcosmo terrificante, succursale della mala piuttosto che luogo della legge e della giustizia. È così ovunque? E fino a che punto questa situazione dipende dalla corruzione della polizia?
In molte carceri in realtà si costituiscono all’interno dinamiche criminali. Noi abbiamo avuto purtroppo un caso simile a Padova.
foto3In effetti, i cosiddetti tutori dell’ordine, nel libro, non sono migliori dei delinquenti, anzi . E, alla fine, non assistiamo certo al trionfo della giustizia, anzi. Tutto questo si può considerare realistico?
Abbiamo cercato di portare all’estremo l’esasperazione che troppo spesso molti appartenenti delle Forze dell’ordine si trovano ad affrontare: anni di indagini, sacrifici, prove che vengono spazzati via da amicizie influenti, corruzione e vuoti normativi.
Prima di pubblicare Padre Nostro avete contattato o avvisato qualche persona, qualche ente o organizzazione che viene chiamata in causa?
No, non abbiamo contattato nessuno.
Avete avuto poi qualche ripercussione negativa, proteste, minacce, richieste di chiarimenti? Insomma, avete pestato i piedi qualcuno col vostro libro?
Al momento no, e speriamo di continuare così.
Padre Nostro racconta la collaborazione tra narcotrafficanti sudamericani e camorra napoletana. Questa collaborazione è sempre esistita, o rappresenta uno dei segnali del cambiamento di cui parla Carlotto, in atto sia in Sudamerica sia in Italia?
pablo-escobar-narcos-600x369Il clan degli spagnoli è presente in Spagna da circa vent’anni. Da quando Pablo Escobar ha convertito il commercio della coca in una immensa spa su scala mondiale i rapporti tra cartelli colombiani e organizzazioni criminali italiane si sono consolidati, al punto che oggi la ndrangheta ha una sorta di “ambasciata” in Colombia. La necessità di alleanze è alla base del commercio: domanda e offerta. Le organizzazioni criminali hanno saputo approfittare della globalizzazione molto meglio di tante imprese.
Sul traffico di stupefacenti si reggono enormi imperi economici, con tutto ciò che ne deriva. E altrettanto vale per il traffico d’armi. Ci sono altri settori per così dire “commerciali” che obbediscono alle leggi della delinquenza?
Sì, il traffico di persone.
Che tu sappia, la collaborazione di cui stiamo parlando riguarda diversi i settori della delinquenza?
Ragionare a compartimenti stagni quando si parla di Camorra o di Cartelli colombiani non è realistico: le prime tre voci dei bilanci delle organizzazioni criminali sono sempre le stesse: traffico di droga, di persone e di armi.
Come funzionano le alleanze tra diverse organizzazioni malavitose? Vedono sempre gli stessi soggetti come protagonisti?
Dipende molto. Di solito alcune variazioni sono inevitabili per dinamiche interne dovute a regolamenti di conti, arresti ecc… Le strutture oggigiorno sono molto flessibili.
esercito_colombia_coca_NSi può concludere allora che l’intera economia mondiale è controllata dalla malavita?
Si può concludere che in un momento di grossa crisi gli unici che hanno un enorme capitale di liquidità a disposizione sono le organizzazioni criminali. Non direi che l’intera economia è in mano alla criminalità, ma una parte considerevole di questa economia si muove all’interno della zona grigia, vale a dire dove legalità e illegalità si uniscono. Fortunatamente però abbiamo ancora tanti imprenditori onesti che riescono a lavorare bene.
E qual è la responsabilità della politica in tutto questo? 145702803-af0c0531-8372-49fd-b3a1-4289774f02cc
Purtroppo le notizie che leggiamo sui quotidiani sui rapporti tra Stato e mafia rispondono ampiamente a questa domanda…
Un ruolo rilevante nella vicenda narrata è affidato alle donne dei malavitosi. Queste donne sono amate, ma anche maltrattate e tenute in subordine dai loro uomini. Almeno quelli di origine sudamericana, ma non solo, direi. Che te ne pare?
Non è sempre vero che le donne dei boss sono maltrattate o subordinate. Molto spesso sono loro stesse ad assumere il potere e controllare parte delle attività criminali. Nella camorra funziona così, ad esempio. All’epoca di Pablo Escobar c’era una narcos di origini colombiane molto temuta che viveva a Miami. Insomma, nella criminalità organizzata c’è spazio anche per le donne, donne toste a volte molto più spietate dei loro uomini. Però in Sudamerica, in generale, il problema della violenza sulle donne è ancora molto sentito, e non solo in ambiente malavitoso.
Restiamo in Italia. Secondo te, si può dire che la carriera malavitosa della donna camorrista si accompagni anche ad un riconoscimento più generalizzato? Oppure è solo un fatto di gestione del potere?
Sicuramente tiene conto di più aspetti della vita e della persona.
imagesddAvidità di potere, rivalità, tradimento anche all’interno della famiglia, tra padre e figlio (che nel libro sono raccontati benissimo). Questa può ritenersi una delle differenze tra la vecchia e la nuova malavita? Nel senso che in passato la famiglia era una roccaforte inespugnabile di solidarietà malavitosa…
Le dinamiche di potere sono una costante in tutte le organizzazioni criminali e non. Pensiamo a una grossa azienda: spesso le dinamiche sono le stesse, anche se spero molto meno violente.
Interessante (e descritto benissimo nel libro) mi pare il legame tra malavita e religione. I delinquenti sono devotissimi, con un sentimento religioso distorto fino alla superstizione e alla blasfemia. Questo fa parte della cultura dei paesanna_2004_01si e degli ambienti sociali di provenienza?
Sì, non esistono organizzazioni criminali che non siano legate in qualche modo alla religione.
Colpisce anche la connivenza aperta e platealmente esibita da parte di molti uomini di Chiesa…
Niente è più corruttibile dell’essere umano, che sia di Chiesa o no, i soldi fanno gola a tutti.
È giusto dire che in genere i delinquenti non provengono dalle classi elevate, né hanno grande cultura?
Oggigiorno no. Una parte importante della criminalità organizzata si veste in giacca e cravatta e ha studiato nelle migliori università, un po’ come Juan el Guapo.
Comunque, tutti i sentimenti privati dei delinquenti del libro di una rozzezza assurda. È come se psicologicamente ed emotivamente questi fossero esseri elementari, primitivi, poco evoluti. Queste caratteristiche corrispondono al vero o fanno parte dell’invenzione letteraria?
Entrambe le cose. Bisogna saper mischiare bene realtà e finzione. Non dobbiamo dimenticare però che anche il narcos più temibile si innamora e ha dei sentimenti, e spesso questi lo portano a fare delle cose assurde esattamente come alle persone cosiddette “normali”.
A proposito, come si conciliano i due volti di Padre Nostro, realtà e fantasia? Qual è il confine tra di essi? Fino a che punto arriva l’invenzione? Non mi riferisco alla situazione generale, che sappiamo essere realistica, ma ad episodi e vicende specifiche.
Abbiamo cercato di unire parti molto vere a parte inventate per i personaggi. Almamuerta, per esempio, è stato costruito sulle basi di un sicario realmente esistito.
1291742142_0In sintesi: i personaggi sono tutti negativi, tranne qualche figura secondaria. I poliziotti non sono tanto meglio dei delinquenti, l’economia è in mano alla malavita, il mondo politico è corrotto e colluso, quello ecclesiastico pure. La vicenda, con la sua beffarda conclusione non lascia dubbi: c’è poco da sperare. È così?
Non proprio. Io penso che abbiamo il dovere di sperare in un cambiamento e l’obbligo morale di aprire gli occhi davanti una realtà in cui i confini tra legale e illegale si assottigliano sempre di più.
Secondo te, qual è il senso del libro? Insomma, che cosa avete voluto comunicare al pubblico?
Noi abbiamo voluto raccontare un storia usando le nostre migliori parole, come è giusto facciano gli autori. Contemporaneamente abbiamo cercato di fornire un paio di occhi nuovi al lettore per osservare una realtà lontana ma che può essere vista come tremendamente vicina. Non diamo giudizi di merito, ma se il nostro romanzo può portare a riconsiderare la realtà che ci circonda e a stimolare un dibattito sociale, ben venga.
Quale personaggio del libro ti piace di più? Intendo nel senso della creazione artistica, anche se umanamente è un fetente.
Don Pedro e Almamuerta.
E umanamente, c’è un personaggio del libro a cui va la tua simpatia?
Carlos, per tutte quelle che gliene abbiamo fatte passare.
A proposito di Carlos, colpisce la sua vicenda personale, che subisce un’evoluzione molto coerente con la visone noir dominante nel libro. Non dirò di più, per non rovinare la sorpresa ai lettori, ma ti chiedo: da un punto di vista letterario, come si può interpretare questo percorso di vita del personaggio?
Carlos ha un arco di trasformazione molto ampio, guidato dagli eventi. È una scheggia impazzita che scombina le carte, un regolare in mezzo a un mondo di irregolari che cerca di riportare, inutilmente, un equilibrio.
La vicenda di Carlos, come la parte privata delle storie di altri personaggi, è molto “romanzesca”.. E’ l’innovazione del libro-inchiesta mediante lo sfruttamento di più ampie potenzialità narrative. Ma non c’è un po’ troppo “colore”?
Abbiamo fatto circa due anni di inchiesta per avere basi buone su cui costruire Padre Nostro. Parlando e raccogliendo informazioni sulle persone che hanguardia-di-finanzarcno vissuto sulla loro pelle il mondo del narcotraffico, mi sono reso conto come la realtà superi di gran lunga la fantasia di qualsiasi autore.
In sintesi: i personaggi sono tutti negativi, tranne qualche figura secondaria. I poliziotti non sono tanto meglio dei delinquenti, l’economia è in mano alla malavita, il mondo politico è corrotto e colluso, quello ecclesiastico pure. La vicenda, con la sua beffarda conclusione non lascia dubbi: c’è poco da sperare. È così?
Non proprio. Io penso che abbiamo il dovere di sperare in un cambiamento e l’obbligo morale di aprire gli occhi davanti una realtà in cui i confini tra legale e illegale si assottigliano sempre di più.
Secondo te, qual è il senso del libro? Insomma, che cosa avete voluto comunicare al pubblico?
Noi abbiamo voluto raccontare un storia usando le nostre migliori parole, come è giusto facciano gli autori. Contemporaneamente abbiamo cercato di fornire un paio di occhi nuovi al lettore per osservare una realtà lontana ma che può essere vista come tremendamente vicina. Non diamo giudizi di merito, ma se il nostro romanzo può portare a riconsiderare la realtà che ci circonda e a stimolare un dibattito sociale, ben venga.
Il libro è costruito e narrato davvero con grandissima abilità, la lettura è appassionante ed avvincente dall’inizio alla fine. Molte scene sembrano decisamente cinematografiche. Vi siete ispirati a qualcuno o a qualche opera in particolare? 393767_10150488414159415_76664574_n
Quando scriviamo ci portiamo dentro tutti gli autori che ci appassionano, per quanto mi riguarda non ne ho uno in particolare.
Nei titoli dei capitoli ci sono molte citazioni letterarie e cinematografiche, certo non casuali. Cos’è: un omaggio voluto ad opere ed autori, oppure, più semplicemente, un divertimento?
E’ stata un’idea di Piergiorgio Pulixi se non ricordo male, e secondo me ha dato un valore aggiunto al romanzo.
Come avete fatto a coordinarvi e mettere insieme le vostre sei mani per creare qualcosa di così ben riuscito nel senso della coesione e dell’uniformità dello stile?
Abbiamo usato un metodo di lavoro molto cinematografico, dividendoci le parti in scene per poi metterle insieme. Abbiamo fatto varie stesure e alla fine ne è uscito un quarto autore.
Tu e gli alti componenti del Collettivo state mettendo in atto una serie di iniziative molto accattivanti per la promozione del libro. Queste iniziative sono un’idea vostra o un’imposizione della casa editrice?
Tutta farina del nostro sacco. Volevamo apportare qualcosa di nuovo nel modo di promuovere un romanzo, e penso ci siamo riusciti alla grande.
10487338_10154334204080640_2100443445080273017_nChi ha avuto l’idea dei video e dei trailer affidati direttamente ai personaggi?
Avevo scritto due brevi racconti su don Pedro, il boss, e il sicario Almamuerta, ne ho parlato con gli altri del Collettivo e Andrea Melis, che oltre a saper scrivere molto bene è anche un ottimo videomaker, si è dato subito da fare tirando fuori dal cilindro i voice trailer e i book trailer. Un altro autore Sabot, Michele Ledda si è occupato delle musiche e gli altri autori, Piergiorgio Pulixi, Renato Troffa e Ciro Auriemma hanno scritto gli altri testi e hanno revisionato quelli che avevo preparato io. Li potete ascoltare tutti su youtube.
Dei vari “mezzi” promozionali tu quale preferisci?
Parlare direttamente con le persone. Girare per incontrare i lettori è meraviglioso. Reagiscono sempre molto bene, presentando molte domande. Penso sia perché l’argomento del narcotraffico attira l’attenzione del pubblico, ma dai media che conosciamo tutti spesso non spiegano alcuni meccanismi che ci riguardano da vicino.
Non temete che qualcuno finisca paradossalmente per sottovalutare l’opera proprio per un “eccesso” di pubblicità, confondendone l’effettivo valore con gli effetti promozionali?
Spero proprio di no. Il passaparola è fondamentale, per come la vedo io.
E io vi auguro il massimo successo, perché è veramente meritato. E adesso non resta che un’ultima domanda, quella d’obbligo. Ci sarà un seguito a Padre Nostro?
Sì, fa parte dei progetti per il futuro, ma non so dire di più…
Lettori, siete avvisati. In campana, allora!

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