UN UOMO ONESTO. INTERVISTA A GIORGIO FONTANA

217837_4329407068879_145406636_nIn attesa di incontrare personalmente Giorgio Fontana in Biblioteca sabato 29 novembre, il giovane scrittore che si è aggiudicato il Premio Campiello 2014 con il romanzo Morte di un uomo felice , sentiamo come si racconta in quest’intervista che mi ha gentilissimamente rilasciato.

Sono doppiamente felice di questa opportunità, perché davvero non ci speravo:  mi aveva avvertito che i numerosi impegni sia lavorativi e professionali sia, per così dire, promozionali legati al premio Campiello, non gli avrebbero forse lasciato troppo tempo.

Per lui deve essere stato un tour de force, ma eccoci qua. Le persone di vaglia si vedono anche da queste cose. Innanzitutto impegno, cortesia, disponibilità. Poi, come leggerete  tra poco, risposte schiette e sincere. E su tutto i valori della correttezza e dell’onestà. Grazie, Giorgio!

Parlaci di Giorgio Fontana…

Vivo a Milano, ho 33 anni e quando non scrivo lavoro in un’azienda di software oppure sono in giro per incontri, o esco con gli amici, o leggo, o ascolto musica, o suono la chitarra. Ma poi non saprei, riassumersi in poche parole è un esercizio non mi piace. Comunque: credo di essere una persona onesta e gentile; sono molto testardo e con un’indole abbastanza solitaria. Ah, sono pure pignolo.
Che cosa cerchi nel rapporto con le persone? In altre parole, cosa apprezzi è cosa invece ti irrita e ti respinge?
Detesto i rapporti di potere, il cinismo, il sarcasmo e la piaggeria. Apprezzo molto la sincerità, la curiosità e la gentilezza. Ho pochi amici, ma sono gli amici migliori che possa desiderare.
Quanto importanti sono gli aff10665868_375406715944474_5000805401759934327_netti, per esempio la famiglia? E il rapporto tra generazioni diverse?
Gli affetti per me sono cruciali, la cosa più importante insieme alla scrittura. Il rapporto fra generazioni diverse è troppo complesso per essere analizzato in così poche righe.
Di solito, prima di scrivere si legge. Sei stato un bambino lettore?
Sono stato un bambino lettore di fumetti, e poi anche di libri. Ho avuto la fortuna di crescere in una casa dove c’erano entrambi.
E adesso sei un “ grande lettore”? Naturalmente a prescindere dagli obblighi professionali.
Leggo parecchio, e cerco sempre di ritagliarmi un’ampia fetta di letture di puro piacere. Amo sia la narrativa che la saggistica, e — come detto sopra — i fumetti.
Quali scrittori o generi preferisci, in qualità di lettore? E che cosa cerchi nella lettura?
Potrà apparire scontato, ma: innanzitutto godimento. Cerco nella lettura piacere, felicità, gioia. (Anche conoscenza e arricchimento, senz’altro — ma nella narrativa, essenzialmente godimento).
Come sei approdato alla scrittura? Quando si è accorto che volevi scrivere?
Diciamo attorno ai diciassette anni: i primi racconti, le prime orrende poesie — come tutti. A diciotto ho scritto il mio primo romanzo, che come i successivi tre è finito nel cestino. (Uno l’ho fatto girare presso qualche editore, ma ho preso solo rifiuti: e giustamente, faceva schifo). Diciamo che la scintilla è arrivata presto, ma si è formata con molta lentezza. Anche oggi credo più che altro nel duro e lento lavoro.
Che cosa rappresenta per te il fatto di scrivere?images
Non lo so, non ci penso quasi più. Ormai scrivo e basta; e già scrivere decentemente mi crea grattacapi a sufficienza.
Quanto e come ti ha cambiato la vita aver vinto il Campiello?
Poco, in realtà. Continuo a lavorare (anche se sto ridiscutendo i tempi e i carichi di impegno), e continuo a pensare alla letteratura e alla scrittura nello stesso modo di prima. Ho più collaborazioni aperte e più incontri e presentazioni, e questo è un bene, ma anche complicato da gestire. Vediamo come andrà nei prossimi mesi.
Quanto pesa per un autore la necessità di mediare tra la volontà di esprimersi liberamente e le esigenze editoriali e di mercato?
Per me la questione non si pone nemmeno: non ho mai scritto pensando alle esigenze editoriali o di mercato. Lo trovo sbagliatissimo; il modo migliore per scrivere romanzi pessimi e disonesti.
E adesso quali progetti hai per il futuro immediato?
Mi piacerebbe molto lavorare a un saggio breve che ho in testa da tempo, e poi iniziare il prossimo romanzo — ho due idee che devo mettere alla prova. Ma ci vorrà ancora un po’.
Pensi che la letteratura, e in particolare la narrativa, possa essere una forma di informazione e di impegno per il pubblico, oppure soltanto evasione? Insomma, secondo te, qual è la funzione della letteratura, ammesso che ne abbia una e solo una?
Qualsiasi discorso sulla “funzione della letteratura” o della narrativa rischia di svilirla, di attaccarle uno scopo che non le appartiene. Per me la narrativa ha un unico fine: raccontare belle storie. Il che non significa che termini nella pura evasione, tutt’altro: continuo a pensare che certi romanzi abbiano il potere di spezzare in due la tua visione del mondo, di cambiarti radicalmente, di farti anche del male. Ma questo non implica scopi altri come la denuncia, l’infusione di speranza, eccetera. Per me chi scrive romanzi non dovrebbe mai porsi secondi fini, per quanto in ottima fede.
Come tutti gli scrittori di successo, seOLYMPUS DIGITAL CAMERAi impegnato con varie iniziative per presentare i suoi libri ai lettori. A maggior ragione – immagino – dopo il Campiello. Che rapporto hai instaurato col pubblico?
Spero un buon rapporto. Cerco sempre di essere disponibile e gentile con tutti.
E che cosa ti piacerebbe che ai lettori rimanesse dopo la lettura dei tuoi libri?
Benché ovviamente ogni lettore possa trovare ciò che vuole nei miei libri, spero che almeno pensi che sono uno scrittore onesto. (Ovvero, uno che non prende in giro il lettore con trucchetti, né appunto scrive per secondi fini, o bada alla buona collocazione nello scacchiere editoriale…).

E adesso una domanda proprio difficile…Cosa pensi dell’attuale situazione italiana? Con particolare riferimento alla giustizia e alla violenza politica…?
Di nuovo: domande troppo delicate e troppo poco tempo per rispondere compiutamente… Penso che ci sia uno scontro sociale visibile in atto, e questo è un bene: perché la diseguaglianza cui siamo stati abituati deve essere combattuta. Da un certo punto di vista è un periodo fertile, anche se questa affermazione può sembrare paradossale. Quello che mi fa paura è che le cose non cambino o che il conflitti degeneri o si avviti su di sé. Ma mi sento sciocco anche solo a cercare di cavarmela con così poche righe; ci vorrebbe un intero saggio!

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*