«Somala di origine, italiana per vocazione» così si definisce Igiaba Scego che è nata nel 1974 a Roma dove i suoi genitori sono emigrati per sfuggire al colpo di stato di Siad Barre.
Scrittrice ormai affermata, divide il suo tempo tra la scrittura e il lavoro di ricerca all’università.
Forse l’abbiamo incontrata a Venezia per calli e campielli in occasione del Festival Internazionale di letteratura Incroci di Civiltà. Le sue opere non sono solo un “incrocio”, cercano piuttosto un punto di equilibrio tra le sue due culture di appartenenza, quella materna e quella adottiva.
“La mia è una storia personale dolorosa, che non è potuta non filtrare, nel corso degli anni, nella scrittura… ogni storia passa attraverso il sensore dei corpi, credo anzi che ogni tema “corporeo” sia di per sé un tema sociale; e abbia strettamente a che fare col dilemma che a tutt’oggi vivono le cosiddette “seconde generazioni” di immigrati. L’italianità è un vestito che richiede continuamente tagli e adattamenti.” (Incroci di civiltà 2015)
Ora è in libreria (e naturalmente in Biblioteca) il suo ultimo libro “Adua“. Una donna somala, che vive a Roma da quando aveva 17 anni, racconta la sua storia all’elefante, opera del Bernini, che si trova a Santa Maria sopra Minerva.
Un piccolo elefante di marmo che sostiene l’obelisco più piccolo del mondo. Un piccolo elefante che sa ascoltare “altrimenti le parole si sciolgono e si perdono”. “Guarda la negra, parla da sola” dicono i passanti…
Nel romanzo si intrecciano tre momenti storici: il colonialismo italiano, la Somalia degli anni ’70, e la nostra attualità.
Perché leggerlo? perché i suoi romanzi sono un bellissimo esempio di incontro tra culture che convivono arricchendosi vicendevolmente.
Curiosità: alla fine del libro c’è un piccolo glossario perché l’autrice ha voluto presentare nel romanzo alcuni termini somali trascritti in modo da restituire le sonorità proprie di questa lingua per i lettori italiani.
Qualche notizia in più: Nel 2003 vince il Premio Eks&tra di scrittori migranti con il racconto “Salsiccia” e pubblica il suo romanzo di esordio, “La nomade che amava Alfred Hitchcock“, a cui fa seguito nel 2008 “Oltre Babilonia“, una saga al femminile tra Somalia, Italia e Argentina. Collabora stabilmente con il settimanale “Internazionale” e ha curato una rubrica su “Nigrizia” tra il 2007 e il 2009.
Nel 2010, con “La mia casa è dove sono“, si è aggiudicata il Premio Mondello, potete trovare una intervista sul libro in RaiCultura Network.
buongiorno, oggi su rai uno ho visto l’intervista di Igiada Scego, quello che ho sentito dalle sue labbra mi hanno catturato, io la penso esattamente come lei, infatti adesso comprerò il suo ultimo libro ” ADUA “.
La domanda che mi faccio é: nei millenni passati quanti uomini e donne sono vissute predicando la pace dei popoli e la convivenza umana di qualsiasi colore o religione, perché ancora non abbiamo raggiunto questo grande valore?
Antonio Podda