“Chissà come nasce e perché una vocazione alla solitudine. Sta il fatto che lo stesso isolamento, la medesima separazione di cui i Finzi-Contini avevano circondato i loro defunti, circondava anche l’altra casa che essi possedevano, quella in fondo a corso Ercole I D’Este. Immortalata da Giosuè Carducci e da Gabriele D’Annunzio, questa strada di Ferrara è così nota agli innamorati dell’arte e della poesia del mondo intero che ogni descrizione che se ne facesse non potrebbe non risultare superflua.”
I luoghi del romanzo
Leggendo Il giardino dei Finzi Contini di Bassani facilmente si può essere presi dal desiderio di tracciare una mappa dei luoghi narrati. Complice la “voce narrante” del romanzo che, già nelle prime pagine, fa addirittura riferimento alla Guida del Touring, notando che non cita il giardino di villa Finzi-Contini.
Anche il gruppo di lettura non ha resistito alla curiosità di sapere, o almeno provare a immaginare dove si potesse collocare il Giardino.
Bassani, in un’intervista, smorza l’immaginazione dei lettori dicendo che “Il giardino di Casa Finzi-Contini non è mai esistito in fondo a corso Ercole I d’Este… Sulla sinistra, poco di qua delle mura, esisteva però lo spazio verde di cui ho scritto, l’area che avrebbe potuto accoglierlo…”. Possiamo azzardare che potrebbe essere la “somma” dei tanti giardini che sono ancora presenti nel centro storico di Ferrara, ma questo in fondo non è così importante.
Che cosa rappresenta il giardino? Anche un luogo “reale”, attraverso le pagine di uno scrittore, diventa altro: metafora e insieme suggestione che cattura il lettore, catapultandolo magicamente dentro al testo.
Le leggi razziali del ’38 raccolgono e isolano i personaggi, separandoli dal resto della città di Ferrara, in quel “Giardino” che è sfondo necessario della storia d’amore del protagonista per Micol, ma anche il teatro dove tutti i personaggi ci danno una realistica interpretazione, dolente e fatale, degli anni che precedono la catastrofe della guerra e dello Sterminio.
Il narratore
Il narratore-personaggio principale parla in prima persona, per questo motivo in tanti lo hanno identificato con lo scrittore, ma in realtà nel libro non viene mai nominato. La cosa risulta molto “intrigante”, sembra quasi che Bassani sia entrato nel romanzo, facendo un movimento inverso rispetto a quello che porta Tom Baxter, protagonista di La rosa purpurea del Cairo, che invece esce dal film per entrare nella vita reale.
La “tessitura” del romanzo
Oltre la trama, cioè la vicenda “romanzesca” dei personaggi, il gruppo di lettura si è soffermato a notare la presenza di un insieme di allusioni, rinvii, “ripetizioni”, reticenze, che caratterizzano lo stile di questa scrittura. Per esempio, la ripetizione (per ben tre volte), del discorso attorno al “fidanzarsi” che appare due volte nelle parole di Micòl, (con un rovesciamento ironico dell’effetto delle leggi razziali) e la terza nel finale colloquio col Padre. La ripetizione non è mai frutto della disattenzione dell’autore, ma sempre custode di un nuovo significato.
Una importante sottolineatura va posta sull’anticipazione del finale, svelato già nelle prime pagine: l’anticipazione, il sapere come andrà a finire, insinua nel lettore quel senso di fatalità, che viene poi incarnato dai personaggi che subiscono, più o meno passivi, un destino, o che spesso, addirittura, lo rimuovono.
Impressioni
E’ stato bello vedere, in mano alle lettrici e ai lettori del gruppo, tante edizioni diverse del libro: dall’ultima recente edizione Feltrinelli a quelle “d’epoca” (la prima edizione Einaudi 1962!). Per alcuni, infatti, è stata una prima lettura e una vera “scoperta” (un libro tante volte incontrato, ma mai letto) e per altri/e una rilettura a distanza di tanti anni. Le impressioni, come sempre, sono state le più varie, e da alcune riletture è emersa anche la sensazione di una certa lontananza, come se il libro fosse un po’ invecchiato.
Il libro ha una scrittura sicuramente complessa ed è necessario essere concentrati nella lettura per comprenderlo, per questo consigliamo di non “mollare” davanti a periodi molto lunghi e articolati, perché lasciandosi andare, pagina dopo pagina, si riesce ad entrare più in profondità nel mondo dipinto dallo scrittore e se ne scopre il fascino e la profondità. La memoria come ricerca della verità, ma con giustizia.
Consigliamo:
Un classico “ad alta voce” sulle frequenze di Radio3, accompagnato dalla musica. Sandro Lombardi legge: “Il giardino dei Finzi Contini” di Giorgio Bassani. E l’audiolibro “Marco Baliani legge il giardino dei Finzi Contini” (compact disc MP3), Emons edizioni.
Fotografie di Massimo Bollato
Qualche spunto da Massimo sull’incontro del Gruppo di lettura del 19 novembre 2015
La discussione ha toccato diversi aspetti. Dopo le domande su quanto di autobiografico c’è nel romanzo, sono state fatte osservazioni sul particolare “mondo a parte” dei Finzi-Contini, sulla “doppia” tragedia che li colpisce, anche se c’è chi ha creduto di notare un attenuarsi dell’angoscia quando i fatti diventano, ricordo attraverso la narrazione, Non solo storia di ebrei, tuttavia, ma anche storia di adolescenti, di giovani. Nella vicenda del rapporto fra il narratore e Micòl, è stato osservato, si può intravvedere una storia di crescita e di educazione sentimentale, relativa a un’età di sentimenti confusi, contrastanti, che sperimenta l’apparizione di desiderio, invidia, gelosia, amicizia.
Una storia che dunque, in parte, presenta i caratteri che ogni giovane generazione vive in ogni epoca. Vicenda, però, che non può prescindere dal particolare momento storico in cui si sviluppa: questo, impedendole il “naturale” futuro, la sospende in un presente pieno di timore, di segni di morte, anziché di vita. La figura di Micòl naturalmente è stata, fra i personaggi del romanzo, quella che ha più attirato l’attenzione: la si è definita enigmatica, sfuggente, e anche molto moderna.
La scrittura, complessa, per i periodi spesso molto lunghi ha suscitato in alcuni un senso di difficoltà, ma per lo più, superato l’approccio, è stata in genere apprezzata: in particolare perché definisce con ricchezza di particolari i luoghi (la città, il giardino) e le circostanze, e dà al racconto un tono di lucidità e dolorosa tenerezza. Una scrittura (e una costruzione del romanzo) di grande letterarietà, nella sua ricchezza di allusioni, simmetrie,echi, rinvii (non sempre evidenti) e, non da ultimo, per la ricorrente citazione diretta o nascosta di scrittori e poeti.
Un commento da Susanna dopo l’ultimo incontro del Gruppo di lettura:
Alla lettura di questo libro, molte sono state le suggestioni e le riflessioni sollecitate.
Due piccole osservazioni mi sembrano interessanti:
– La “storia” raccontata è prima di tutto una storia di adolescenti-giovani che sperimentano il nascere dell’amore, l’esperienza del dolore, i sentimenti contrastanti verso gli amici e compagni, verso gli adulti, verso la società del loro tempo.
La storia del rapporto tra il protagonista e Micol dice tutta l’intensità dei loro sentimenti reciproci, le insoddisfazioni e i desideri e i sogni, la rappresentazione del loro futuro. Forse mostrano una generazione che, come tutti i giovani, ha sogni e desideri per il futuro, ma vive come sospesa nel timore e quasi nella negazione di un futuro, che la storia di quel momento storico offusca e presenta oscuro e mortifero.
Si tratta anche dell’eterna vicenda dei giovani che sono concentrati sul loro presente, sulle loro personali vicende emotive, sulle loro relazioni di gruppo. Ritroviamo, espressi, con lucidità e tenerezza insieme, l’amore, il desiderio, la gelosia, l’invidia, la competizione, l’amicizia, la solidarietà, la formazione politica, il contrastante rapporto con la religione, il sentimento dell’appartenenza sociale e razziale, il senso della “separazione” sociale, il senso di una identità contraddittoria cercata e negata e dolorosa, il contrasto-confronto con la generazione degli adulti. Nell’insieme è una storia di crescita e di educazione sentimentale e sociale. Una storia che, in parte, assume i caratteri di una storia che ogni generazione vive in ogni epoca.
– Certamente è anche una storia pienamente inserita nella “Storia” italiana degli anni del fascismo, del nazismo, della persecuzione degli ebrei, della guerra e della shoà. Tutto il romanzo è intriso del senso di una fine incombente, di una dissoluzione mortifera del futuro.
I personaggi, quindi, vivono in un presente che cerca di rimuovere le paure, “il peggio” che si teme, cerca di nutrire l’illusione di una normalità impossibile e di una convivenza sociale accettabile nella realtà cittadina. Non vengono sottolineati l’orrore, l’indicibile e il disumano della persecuzione degli ebrei, quanto il cedimento progressivo della convivenza umana, il “piccolo orrore” quotidiano rimosso e al quale si fa quasi l’abitudine e per il quale si trovano quasi delle giustificazioni da parte di tutti.
I protagonisti principali vivono quindi come immersi in un “sogno presente” che sospende il tempo e sfuma i contorni con il mondo esterno.
Lo scrittore rende questa atmosfera con lucidità e con dolorosa tenerezza e ci comunica anche la “nostalgia” e la tristezza di ciò che è stato, di ciò che è perduto, di ciò che poteva essere e non è stato nel contorno di una tragedia storica e umana che sfuma nel tempo che passa e nella fine di tutte le cose.