UNA VITA DA RACCONTARE: JANUSZ KORCZAK

L’attualità del messaggio di Janusz Korczak

pedagogoRaccontare è importante, è una dimensione della vita umana che ci consente di trasmettere il ricordo e di distillare ciò che di importante una vita continua a trasmettere oltre la sua fine. E la storia di Janus Korczak è proprio una di quelle storie da far conoscere ai ragazzi, ai genitori e agli educatori, sia per la vicenda personale di questo medico pedagogista durante la seconda guerra mondiale, che per il suo pensiero.
Fu fondatore della Casa dell’Orfano a Varsavia, nella prima metà del secolo scorso, un istituto dove egli accoglieva i bambini poveri e senza famiglia, integrandoli in una piccola comunità avanzatissima come sistema educativo. I ragazzi dell’istituto sperimentavano l’accoglienza, il rispetto e una grande attenzione nei loro confronti. Erano membri attivi, chiamati alla partecipazione, alla condivisione delle regole e alla solidarietà. Non dimentichiamo che le opere di Korczak sono alla base della Carta internazionale dei diritti del fanciullo del 1959. Janusz Korczak non abbandonò mai i bambini che aveva imparato a conoscere prima come medico e poi come educatore. Salì con loro sul treno che li avrebbe condotti allo sterminio. Di ciò che accadde dopo, non si sa più nulla se non che nessuno uscì vivo da Treblinka.

L’ultimo viaggio

COPERTINAUn bellissimo albo illustrato ci può venire in aiuto per scoprire e raccontare la sua storia: “L’ultimo viaggio. Il dottor Korczak e i suoi bambini ”. E’ un libro per ragazzi che racconta la storia di Pan Doctor (come i ragazzi chiamavano il loro dottore) con la cura e la delicatezza adatte ai giovani lettori grazie alle parole di Irène Cohen-Janca e alle illustrazioni di Maurizio Quarello (Irène Cohen-Janca e Maurizio Quarello avevano già pubblicato, sempre per Orecchio Acerbo, “L’albero di Anne”, la meravigliosa storia dell’ippocastano di Anne Frank).
Il libro ci presenta il dottor Korczak tramite il racconto in prima persona di Szymek, un ragazzino appena adolescente che si trova, come era d’uso nella Casa dell’Orfano, a dover fare da referente e guida ad un bambino più piccolo, giunto all’orfanotrofio poco prima della deportazione degli ebrei nel ghetto di Varsavia.
I bambini di oggi, e noi con loro, potranno entrare in questa grande e tragica storia, per conoscere, capire e poi per uscirne più ricchi di pensieri, sentimenti e attenzioni.

Il diritto del bambino al rispetto

maniKorczak ha cambiato la storia della pedagogia occidentale, e dei diritti dell’infanzia. I suoi saggi sono stati pubblicati non molto tempo fa in Italia da una piccola casa editrice, la Luni. Fu un precursore delle lotta a favore di una totale uguaglianza dei diritti del bambino, nel libro Come amare un bambino (redatto nel 1914 e pubblicato nel 1929), Korczak richiedeva proprio la costruzione di una Magna Charta Libertatis dei diritti del bambino. Il suo lavoro Il diritto del bambino al rispetto è stato preso quale base per la formulazione della Carta internazionale dei diritti del fanciullo del 1959.

Non calpestare, non umiliare, non fare del bambino uno schiavo di domani; lasciar vivere senza scoraggiare né strapazzare né far fretta” (Janus Korczak, Il diritto del bambino al rispetto, Luni editrice, p.59).

E ancora: “Voi mi dite: “Siamo stanchi di stare con i bambini”. Avete ragione.
E dite ancora: “Perché dobbiamo abbassarci al loro livello. Abbassarci, chinarci, piegarci, raggomitolarci”.
Vi sbagliate. Non questo ci affatica, ma il doverci arrampicare fino ai loro sentimenti. Arrampicarci, allungarci, alzarci in punta di piedi, innalzarci. Per non ferirli.

“La marcia del Vecchio Dottore, di Stefania Wilczynska e degli gli altri educatori alla testa dei duecento bambini dell’orfanotrofio attraverso le strade del ghetto è giustamente entrata nell’iconografia e nella leggenda. Non è però l’unico esempio di educatori che abbiano volontariamente seguito i bambini ai vagoni per Treblinka [n.d.r. nello stesso giorno di Korczak, furono deportati altri 4000 orfani insieme ai loro educatori]. Tutti costoro, e certamente molti altri ancora, avrebbero potuto cercare una se pur improbabile salvezza, ma hanno scelto di non abbandonare i propri protetti.” (Tratto da: Laura Quercioli Mincer, “Un manicomio o un carcere. Il Diario del Ghetto di Janusz Korczak” in Janusz Korczak, un’utopia per il tempo presente, “Quaderni di Palazzo Serra” 24, 2014).

ragazzi

Per approfondire segnaliamo i seguenti link:

2 pensieri su “UNA VITA DA RACCONTARE: JANUSZ KORCZAK

  1. Avevo letto molte storie sulla deportazione, questa un po’ meno, lascia tanto spazio al coraggio ma anche alla tristezza ma il messaggio e la testimonianza non possono e non devono finire nell’oblio della coscienza di ciò che è stato e che, purtroppo in tempi e modalità diverse, continua ad essere. Chi ne è consapevole ha una grande responsabilità: continuare con coraggio nell’impresa di tenere accesa la luce della coscienza umana anche quando eventi nefasti tramano per la sua estinzione.

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