LA VITA DAVANTI A SÉ

Il romanzo di Romain Gary ha conquistato tutto il Gruppo di Lettura

La gente tiene alla vita più che a tutto il resto, è anche buffo se si pensa a tutte le belle cose che ci sono al mondo” (Romain Gary, La vita davanti a sé, Neri Pozza, p.43)

vita3“Un libro da tenere e rileggere, una storia che emoziona”

“Parola chiave del libro: l’umanità varia e straordinaria”

“Il racconto riesce a trasmettere emozioni pure”

“Un libro convincente che riesce a raccontare situazioni scabrose senza giudicare”

E potremmo aggiungere moltissime altre riflessioni. Questa volta il gruppo di lettura non si è diviso discutendo animatamente a partire da pareri opposti sul libro. Il parere positivo è stato unanime e la discussione vivace e interessante perché ogni singola lettura ha saputo cogliere aspetti e sfumature diversi del romanzo. Anzi la discussione sarebbe proseguita ancora a lungo, oltre l’orario di chiusura della Biblioteca.

A trent’anni di distanza dalla sua prima edizione, la Biblioteca Neri Pozza ha pubblicato questo capolavoro della letteratura francese contemporanea. Venti anni prima di Pennac e degli scrittori dell’immigrazione araba, ecco la storia di Momo, ragazzino arabo nella banlieu di Belleville, figlio di nessuno, accudito da una vecchia prostituta ebrea, Madame Rosa.

Tra i vari interventi dell’incontro del GdL, ne riportiamo di seguito uno, un po’ particolare, perché si intreccia in modo forte al vissuto del lettore e al ricordo della prima volta in cui ha letto il romanzo di Romain Gary.

“La vita davanti a sé” di Romain Gary  – un ricordo di Gianni Ursotti

rue2Alla fine del ’77 mi trovavo a casa di un amico – più correttamente un amico di un mio amico – a Montmartre, non distante da Belleville, dove è ambientato il romanzo, in una mansarda mozzafiato, senza bidet, che guardava il Sacré-Coeur. L’ospite era Jean-Claude Vernier, originario di Besancon che non sopportava lo sciovinismo di molti parigini decisamente eclettico: tre lauree, di cui una in filosofia, cinque lingue correnti e un po’ di veneziano perché a Venezia condivideva un pied-à-terre. Scrittore, giornalista, sceneggiatore e fondatore del giornale Libération per rappresentare la voce di chi non l’aveva e contrastare la cupa censura che anche in Francia dominava quando si criticava il potere; intimo di vari personaggi, tra cui ricordo i politici Ben Bella e Mitterand, il regista Jean-Luc Godard e i filosofi Jean-Paul Sartre e Maurice Clavel. Pensare che aveva solo cinque anni più di me!

Ebbene, un pomeriggio suonò il campanello e andai ad aprire. “Hallò, c’è Jean-Claude?”, “Sì, è di là” e lo feci accomodare in salotto. “Stai pure qua con noi” mi disse l’amico. momo2Io fissavo il tipo con espressione interrogativa tanto che mi prese un po’ in giro. Era una faccia che avevo già visto, qualche giorno prima, al cinema… Ma certo! Era l’interprete di “Ramon”, il pediatra che verso la fine del film “La vie devant soi” ascoltò a lungo Momò. Una particina piccola in quel bel film dove troneggiava la grandezza di Simone Signoret che interpretava Madame Rosa. 

filmcopiaIl fatto è che quel “Ramon”, che avevo davanti, era niente meno che  Costa Gavras, regista già affermato, di circa 45 anni, che due anni dopo avrebbe diretto un suo film tratto da un altro libro di Gary “Chiaro di donna.

Ricordo, come fosse ora, che gli chiesi perché avesse accettato quella parte minore e ed anche la sua risposta. A parte l’amicizia col regista, gli piacque il tema centrale del libro, ben trasportato nel film: l’amore. Perché conta quanto si ama, non chi si è. L’amore, per Gary, non dipende dalla identità – secondo stirpe, nazionalità, religione – che mai l’individuo determina, bensì dalla sua personale bontà d’animo. L’autore lo mette bene in evidenza quando nobilita l’indifferenza tra l’essere arabo o europeo, musulmano o ebreo. Sono le scelte che riflettono la misura della bontà nell’animo di un individuo, piuttosto che i tratti predeterminati da una progenie spesso inventata o immaginata (“chi sa, infatti, chi sono i padri dei figli di puttana?”). Una rappresentazione (quella cioè delle molteplici differenze) ben espressa nel romanzo dalla figura di Madame Lola.

Questo, a grandi linee,  il senso del suo ragionamento che mi è rimasto in mente.

E poi – e qui ricordo la sonora risata di Costa Gavras – “La vie devant soi” era soprattutto la denuncia di quell’ammasso di intellettuali e borghesi che, avevano sì la mente aperta all’accettazione delle diversità e ai problemi delle periferie, contrari all’emarginazione, ma in modo “salottiero”, teorico, freddo, senza far saltare l’ostacolo al cuore, senza mettere le mani dans la merde – disse.

In quella, per me istruttiva, chiacchierata mi fece rilevare anche l’acutezza di Gary nell’aver messo tra le mani del signor Hamil, il vecchio saggio arabo membro di una doppia periferia, I miserabili di Victor Hugo, fotografia struggente di una Parigi in parte ancora presente. Eppure, Belleville era dentro il boulevard périphérique (il raccordo anulare di Parigi), inaugurato poco prima, nel XIX arrondissement, non in una banlieu o lontana bidonville. Un Hugo, ricordiamo, che dopo la prematura morte di tre figli e l’internamento della figlia, si dedicò a cogliere i valori e le sfumature dell’animo umano.

Costa Gavras mi invitò ad andarci. Due o tre fermate di metro, era pieno di vita vera, multicolore, strana, ai margini, faticosa, ma vita. Tutto questo prima che spazzassero via tutti, che ci mettessero le boutiques come nella già popolare Rue Mouffetard dopo le barricate del ’68.

E se ti lacera l’animo” – mi disse – “vai a rilassarti al Père Lachaise (il grandioso cimitero monumentale) – non distante – e pensa alla caducità della vita”.

recensione3Non incontrai Momò, ma in una libreria acquistai il libro che divorai in una giornata. Il film, tenuto conto delle esigenze di scena, vi era fedele. Ma un’unica, grande differenza mi apparve subito. Mentre nel film la figura sovrastante è quella di Madame Rosa – immagino che la Signoret per quanto democratica non avesse accettato diversamente – nel libro si staglia il piccolo Momò e non solo in quanto io narrante.
Momò – filosofo “date retta alla mia vecchia esperienza“– agisce e parla per conto di Gary (che usa però anche altri personaggi) che ci fa sapere così come la pensa sull’eutanasia, sul degrado morale, sul valore dei soldi, sulle religioni, le etnie, la politica, sui bimbi e sui vecchi, sulla vita. Un libro che per me ha un forte tratto morale e che merita davvero di esser letto, invitando sì alla riflessione, ma liberando anche un una sana ironia, talvolta comica. Grazie di cuore ai curatori per la scelta di questo libro che mi ha ringiovanito di 38 anni e che mi ha stimolato a ricercare e rivedere il film.

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