NUOVI LIBRI, NUOVI INCONTRI

Un libro, un incontro con sé e con gli altri

Un libro è pur sempre un incontro. Un incontro con una storia, con i personaggi, con le proprie emozioni e riflessioni dentro e oltre la narrazione. A dicembre i gruppi di lettura della Biblioteca hanno incontrato due libri molto interessanti e anche complessi.

Il primo “Passione semplice” di Annie Ernaux è stato suggerito da Veronica Raimo nell’ambito del progetto Un anno vissuto letterariamente dei gruppi di lettura in Veneto. Il secondo libro “Domani nella battaglia pensa a me” di Javier Marias è stato scelto dai lettori e dalle lettrici dei gruppi di lettura della Biblioteca.

Passione semplice

Marcel Proust scriveva: ” Ogni lettore, quando legge, legge sé stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in sé stesso” (Il tempo ritrovato, 1927). Secondo Veronica Raimo il libro di Annie Ernaux rispecchia bene questa riflessione perché aiuta il lettore a leggere sé stesso.

Nel gruppo di lettura rosso-verde il libro è stato apprezzato di più dalle lettrici donne, meno dagli uomini. Questa evidenza ha generato uno scambio di riflessioni sulla diversa sensibilità delle donne e degli uomini. Vi rilanciamo la domanda: è vero che le donne si fanno coinvolgere più a 360° nelle relazioni e sono più profonde rispetto agli uomini?

Il libro è piaciuto molto per la maestria con cui l’autrice è riuscita a descrivere uno stato dell’animo. Il merito è da attribuirsi sicuramente alla scrittura nitida e diretta dell’autrice, che calibra le parole, con estrema cura, riuscendo a dare corpo ad una dimensione così complessa e a tratti indecifrabile come la passione.

Dal testo emerge chiaramente che il sentimento descritto è tutt’altro che semplice, contrariamente a quello che si potrebbe pensare dal titolo. Semplice, e senza giudizi, è invece lo stile con cui la passione viene tratteggiata.  Nella semplicità della scrittura la scrittrice cela il coinvolgimento totale della protagonista che la porta ad annullarsi e a trascurare tutti gli altri affetti della sua vita, in primis i figli.

L’età della protagonista ha generato diverse congetture: si trova a vivere un’esperienza così totalizzante in età adulta, cosa abbastanza incomprensibile per la maggior parte dei lettori che invece pensano più plausibile una passione cosi ossessiva in età adolescenziale. Nel contempo è stata trovato un po’ eccessivo l’atteggiamento di totale annullamento e di costante sospensione e attesa della donna.

Lettrici e lettori, a fine discussione sono stati concordi sul fatto che questo rapporto non si possa definire come un rapporto d’amore, piuttosto è stato interpretato come un legame carnale, anche se per lei non meno assoluto.

Domani nella battaglia pensa a me

Il gruppo di lettura Blu ha affrontato un testo molto complesso. Anzi, possiamo dire che la discussione è partita proprio dalla considerazione delle difficoltà di lettura dell’opera di Javier Marias. Il timore nell’affrontare un autore, considerato tra i più importanti della letteratura contemporanea, si è sommato alla fatica nel trovare sintonia con una scrittura sicuramente complessa.

Le parole emerse per definirlo sono state: ansioso, evanescente, disincantato, mortifero, ossessivo, ambiguo. Parole che esprimono bene l’inquietudine trasmessa dalle pagine del libro legato indissolubilmente alla esperienza della morte, ma anche allo sconcerto davanti alla inconoscibilità del reale.

“Tienimi, tienimi, per favore, tienimi…”

dice Marta a Vìctor, così lui si ritrova abbracciato a lei nel momento in cui lei si trasforma da essere vivo a essere morto. “Nulla è cambiato eppure è cambiato tutto, lo so e non lo capisco.” Quel tienimi incanta Victor che rimane legato ad esso, e a nostra volta anche noi lettori e lettrici siamo rimaste/i incantati e legati al ricordo di quel momento da cui si dipana poi tutta la narrazione/riflessione.
Un incantamento, quasi una maledizione (ma non di segno negativo) che richiama quella della Regina Anna del Riccardo III di Shakespeare presente nel titolo del libro.

C’è chi ha affermato che la lettura è piena di palpabile malessere. Sicuramente il tema affrontato e la narrazione che si sviluppa come un flusso di coscienza pieno di digressioni, ci ha messo in difficoltà.
Si percepisce come una ossessione della morte: non ci si libera del vissuto, lo scrittore mette di fronte alla irriducibilità di ciò che accade. Questi aspetti non vengono mitigati da una scrittura molto algida, che non lascia trasparire passione.
Ci si è chiesti quanto la concezione della morte propria della cultura spagnola abbia influenzato lo scrittore.

Un altro tema evidenziato è stato quello della ambiguità, o meglio ambivalenza del reale. La realtà come inganno è un aspetto che ha suscitato molto interesse durante la discussione.

Interessante, su questi temi, l’intervista all’autore di Veronica Orazi pubblicata su L’Indice dei libri del mese:

“Sì, perché, a pensarci bene, non sappiamo nulla neanche di ciò che abbiamo vissuto o provato noi stessi, crediamo di sapere, ma ciò che possediamo si riduce a una visione personale, di noi, della nostra storia, delle persone con cui interagiamo e del contesto, dell’ambiente in cui ci muoviamo. Tutto si riduce al nostro punto di vista, alla soggettività di ogni esperienza. Persino la storia, la registrazione dei fatti e degli eventi, in linea di principio imparziale e obiettiva, è sempre sottoposta al peso della soggettività, anche inconsapevole e involontaria; e comunque la storia può sempre essere rettificata, smentita e persino negata. Forse una delle ragioni per cui raccontiamo è che abbiamo bisogno di certezze e allora capiamo che solo la finzione, nella sua irrealtà, più reale della realtà, può offrirci qualcosa di vero, di certo, perché frutto di un atto creativo che non vuole essere mimetico, descrittivo, ma quasi demiurgico, pura creazione; e la creazione riesce a emanciparsi ed emanciparci dalla riproduzione di una realtà necessariamente destinata a rimanere sfuggente e inclassificabile. L’unica cosa che non può essere rettificata è la finzione, che fotografa una realtà fittizia la quale è di per sé completa e irrefutabile.”

Una lettura difficile a cui ha fatto seguito una discussione vivace e intrigante. L’incanto/disincanto di J. Marias ci ha fatto riflettere, la lettura è stato davvero un incontro.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*