Questo gioco è un po’ diverso dagli altri e presuppone un intervento più attivo da parte de giocatori. Si parte da un racconto d’autore, di cui non si fornisce né il nome né il titolo e in cui, come al solito, sono stati cambiati i nomi dei personaggi. La parte più consueta del gioco consiste quindi nell’indovinare questi dati.
Ma siccome il testo è relativamente lungo, è stato diviso in varie “puntate” che verranno pubblicate successivamente a distanza di qualche giorno una dall’altra, con l’eccezione delle prime tre, che vengono pubblicate a distanza ravvicinata per favorire l’avvio di tutta la “manovra”. A questo punto, infatti, scatta l’impegno dei lettori, che, se vorranno, potranno divertirsi a completare ciascuna puntata come preferiscono loro, ricevendo di volta in volta l’imput per andare avanti dall’inizio della puntata stessa.
Ad ogni nuova pubblicazione, si potrà confrontare quello che ha scritto ciascun giocatore con il testo originale, e poi trarre ancora una volta ispirazione dall’incipit della nuova puntata. Alla fine sarà ancora più divertente mettere tutto insieme, ovvero leggere di seguito il racconto “apocrifo” del pubblico ed eventualmente metterlo a confronto con l’originale. Ma a quel punto naturalmente le opere saranno lontanissime una dall’altra, ragion per cui il racconto del lettore apparirà come un lavoro autonomo, magari anche originale e piacevole, chissà….
E SE POI SARANNO IN MOLTI A PARTECIPATE, TANTO MEGLIO!!! Il confronto risulterà ancora più gustoso!
Non siate diffidenti. Credo che questo gioco possa essere risultare divertente e gradevole, anche se a descriverlo può sembrare macchinoso. Secondo me, è più complicato a dirsi che a farsi. Vogliamo provare?
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Con la primavera, a centinaia di migliaia, i cittadini escono la domenica con l’astuccio a tracolla. E si fotografano. Tornano contenti come cacciatori dal carniere ricolmo, passano i giorni aspettando con dolce ansia di vedere le foto sviluppate (ansia a cui alcuni aggiungono il sottile piacere delle manipolazioni alchimistiche nella stanza oscura, vietata alle intrusioni dei familiari e acre d’acidi all’olfatto), e solo quando hanno le foto sotto gli occhi sembrano prendere tangibile possesso della giornata trascorsa, solo allora quel torrente alpino, quella mossa del bambino col secchiello, quel riflesso di sole sulle gambe della moglie acquistano l’irrevocabilità di ciò che è stato e non può esser più messo in dubbio. Il resto anneghi pure nell’ombra insicura del ricordo.
Frequentando gli amici e i colleghi, Natalino Parenti, non-fotografo, avvertiva un crescente isolamento. Ogni settimana scopriva che alle conversazioni di coloro che magnificano la sensibilità d’un diaframma o discettano sul numero dei din s’univa la voce di qualcuno cui fino a ieri egli aveva confidato, sicuro che li condividesse, i suoi sarcasmi verso un’attività per lui così poco eccitante e così priva d’imprevisti.
Come professione, Natalino Parenti esplicava mansioni esecutive nei servizi distributivi d’un’impresa produttiva, ma la sua vera passione era quella di commentare con gli amici gli avvenimenti piccoli e grandi sdipanando il filo delle ragioni generali dai garbugli particolari; egli era insomma, per atteggiamento mentale, un filosofo , e nel riuscire a spiegarsi anche i fatti più lontani dalla sua esperienza metteva tutto il suo puntiglio. Ora sentiva che qualcosa dell’essenza dell’uomo fotografico gli sfuggiva, il segreto appello per cui nuovi adepti continuavano ad arruolarsi sotto le bandiere dei dilettanti dell’obiettivo, alcuni vantando i progressi delle loro abilità tecniche e artistiche, altri al contrario attribuendo tutto il merito alla bontà dell’apparecchio che avevano acquistato, capace (a sentir loro) di produrre capolavori anche se affidato a mani inette (quali venivano dichiarate le loro, perché là dove l’orgoglio era puntato a esaltare le virtù dei congegni meccanici, il talento soggettivo accettava di venire in proporzione umiliato). Natalino Parenti capiva che né l’uno né l’altro motivo di compiacimento era decisivo: il segreto stava altrove.
ADESSO CONTINUA TU, OPPURE…ARRIVEDERCI
ALLA SECONDA PUNTATA!
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