Siamo all’ottava puntata del racconto da continuare e inventare in modo autonomo. Per vedere la puntata precedente, clicca qui.
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Osservò Ines. Doveva partire dagli elementi esteriori del suo aspetto. Nel modo di vestirsi e acconciarsi di Ines, – pensò, – era riconoscibile l’intenzione un po’ nostalgica un po’ ironica, diffusa nel gusto di quegli anni, di richiamarsi alla moda di trent’anni prima. La fotografia avrebbe dovuto accentuare quest’intenzione: come mai non ci aveva pensato?
Natalino andò a cercare una racchetta da tennis; Ines doveva stare in piedi, di tre quarti, con la racchetta sotto il braccio, atteggiando il viso a un’espressione da cartolina sentimentale. Ad Natalino, da sotto la mantella nera, l’immagine di Ines – in ciò che aveva di snello e adatto a quella posa e in ciò che aveva d’inadatto e quasi incongruo e che la posa accentuava, – parve molto interessante. La fece cambiare più volte di posizione, studiando la geometria delle gambe e delle braccia in rapporto alla racchetta e a un elemento di sfondo. (Nella cartolina ideale che egli aveva in mente ci doveva essere la rete del campo di tennis, ma non si poteva pretendere troppo e Natalino si contentò d’un tavolo da ping-pong).
Però ancora non si sentiva su terreno sicuro: non stava per caso cercando di fotografare dei ricordi, anzi, dei vaghi echi di ricordo affioranti dalla memoria?
Il suo rifiuto di vivere il presente come ricordo futuro, al modo dei fotografi della domenica, non lo portava a tentare un’operazione altrettanto irreale, cioè a dare un corpo al ricordo per sostituirlo al presente davanti ai suoi occhi?
– Muoviti, cosa stai lì impalata, alza quella racchetta, accidenti! Fa’ come se giocassi a tennis! -s’infuriò tutt’a un tratto. Aveva capito che solo esasperando le pose si poteva raggiungere un’estraneità oggettiva; solo fìngendo un movimento arrestato a metà si poteva dare l’impressione del fermo, del non vivente.
ADESSO CONTINUA TU, OPPURE…
ARRIVEDERCI ALLA NONA PUNTATA!
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