Non tutti i bastardi sono di Vienna

Gruppi di Lettura impegnati, lo scorso 15 dicembre, a discutere il libro che ha vinto il premio Campiello 2011. La Biblioteca di Spinea conosceva Andrea Molesini come scrittore per bambini e ragazzi e ora ha voluto proporre ai Gruppi di Lettura questo suo primo romanzo.

Due Gruppi di Lettura e naturalmente due modi diversi di commentare e interpretare lo stesso romanzo. L’attenzione è stata da un lato catturata dagli aspetti storici, il romanzo infatti è molto ben documentato dal punto di vista storico, ma dall’altro sono emerse molte riflessioni legate ai personaggi, alla loro caratterizzazione che è parsa interessante anche indipendentemente dalla conoscenza della storia del periodo.  

Non tutti i bastardi sono di Vienna

Maggiore, la guerra è assassinio, sempre… voi ora volete solo dare un esempio: uccidere dei signori non è come uccidere dei contadini! Negando la grazia voi contribuite… sto dicendo voi, barone von Feilitzsch, perché qui ci siete voi… contribuite a distruggere la civiltà di cui voi ed io… e questo ragazzo… facciamo parte, e la civiltà è più importante del destino degli stessi Asburgo, o dei Savoia.

Orgoglio, patriottismo, odio, amore: passioni pure e antiche si mescolano e si scontrano tra loro, intorbidate più che raffrenate dal senso, anch’esso antico, di reticenza e onore. Villa Spada, dimora signorile di un paesino a pochi chilometri dal Piave, nei giorni compresi tra il 9 novembre 1917 e il 30 ottobre 1918: siamo nell’area geografica e nell’arco temporale della disfatta di Caporetto e della conquista austriaca. Nella villa vivono i signori: il nonno Guglielmo Spada, un originale, e la nonna Nancy, colta e ardita; la zia Maria, che tiene in pugno l’andamento della casa; il giovane Paolo, diciassettenne, orfano, nel pieno dei furori dell’età; la giovane Giulia, procace e un po’ folle, con la sua chioma fiammeggiante. E si muove in faccende la servitù: la cuoca Teresa, dura come legno di bosso e di saggezza stagionata; la figlia stolta Loretta, e il gigantesco custode Renato, da poco venuto alla villa. La storia, che il giovane Paolo racconta, inizia con l’insediamento nella grande casa del comando militare nemico. Un crudo episodio di violenza su fanciulle contadine e di dileggio del parroco del villaggio, accende il desiderio di rivalsa. Un conflitto in cui tutto si perde, una cospirazione patriottica in cui si insinua lo scontro di psicologie, reso degno o misero dall’impossibilità di perdonare, e di separare amore e odio, rispetto e vittoria.

Un pensiero su “Non tutti i bastardi sono di Vienna

  1. Discutendo sul libro “Non tutti i bastardi sono di Vienna”, nel GRUPPO DUE di lettura, lo scambio di pareri, impressioni ed emozioni è stato molto ricco e vario.
    Gli avvenimenti tragici degli ultimi mesi della Grande Guerra sono rimasti a margine, come nel romanzo.
    Ci si distrae dal dramma della guerra forse perchè Molesini scrive la storia di ogni singolo personaggio e li fa sfilare davanti a noi lettori come in un film, con una narrazione che procede lineare, ben dosando l’alternanza tra l’interno di Villa Spada e l’esterno della campagna trevigiana, i boschi e la chiesa di Refrontolo.
    Ci ha colpito la cura con cui l’autore delinea i personaggi, tutti, anche quelli secondari, entrando nella loro psicologia con molta abilità, con una potenza espressiva e realismo quasi fotografico.
    L’uso del dialetto veneto e lo spirito salace di alcuni, ad esempio il nonno, trasforma il romanzo quasi in commedia, addirittura con momenti di simpatica ironia.
    La scrittura è nitida, limpida, Molesini sceglie il particolare essenziale tanto da riuscire a farci vedere tutti i colori, le ombre, i gesti, a provare le sensazioni più nascoste, a sentire i suoni.
    Molti di noi si ritrovano in quei personaggi, o ritrovano i racconti dei nonni, delle nonne. Conosciamo i luoghi citati, ricordiamo la canzone del Piave, insegnata a scuola per generazioni. Ritroviamo la dignità e la sofferenza, l’altruismo e l’eroismo (e l’istinto di sopravvivenza) di persone dimenticate troppo presto dalla storia.
    Molesini riesce a mettere in risalto le differenze nette tra i ceti sociali, oggi ormai scomparsi.
    Anche nel momento cruciale della morte il giovane Spada si sente più vicino e simile al nobile e colto barone nemico, che lo fa fucilare, che non ai poverissimi analfabeti contadini che assistono muti.
    Teresa, la cuoca però, è un’eccezione della categoria dei servitori, non a caso la sua figura apre e chiude il romanzo, diventando così il centro di tutta la narrazione. Attorno a lei cambia ogni cosa ma lei è sempre lì, ferma e salda. Sulle spalle porta il peso di una soffernza enorme, ma infine, proprio per questo motivo, sopravvive.
    Anche il personaggio del custode è decisivo, poichè con lui si tocca un’argomento molto delicato come quello della resistenza italiana durante la prima guerra mondiale, di cui si è sempre parlato e scritto poco.
    C’è però qualcosa che non convince sul finale, troppo sbrigativo, c’è qualcosa che manca ad alcuni personaggi, come Giulia, tanto vicina al protagonista e poi dimenticata nelle ultime pagine.
    Forse perchè tutto passa attraverso lo sguardo di Paolo, la voce narrante, giovane protagonista diciassettenne, costretto a crescere troppo in fretta in mezzo a quell’orrore.
    E poi non tutte le storie hanno bisogno di una fine scritta, c’è sempre spazio per concluderle anche oltre la durata del libro.

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