Al Centro Culturale Santa Maria delle Grazie presentato un libro di Marco Toso Borella
MARCO TOSO BORELLA
Padroni e pedine (scacchi a chi?), ed. Supernova, 2005
Marco Toso Borella è un artista ormai a tutti gli effetti annoverabile tra “Amici della Biblioteca di Spinea”, dopo la partecipazione, nella scorsa stagione, ad un incontro del Gruppo L’Italia in giallo in cui si discuteva del suo Venezia impossibile, e ancora di più dopo che, con squisita disponibilità, si è prestato ad accompagnare alcuni di noi in un’uscita nella sua amatissima Murano, fornendo una guida competente ed appassionata. Per questo ho il piacere di ricordare qui un evento che l’ha visto protagonista, anche se a rigore la Biblioteca e i Gruppi di lettura non vi erano direttamente coinvolti: ci sono evidentemente ragioni più sottili e, a mio parere, più significative.
Martedì 13 novembre 2012, nella sala grande del Centro Santa Maria delle Grazie di Mestre, Marco ha presentato il suo libro Padroni e pedine, di cui sono stati letti alcuni brani a cura dell’attore Ivan Anoè.
Si tratta di una raccolta di racconti, illustrati da tavole dello stesso scrittore e liberamente ispirati al gioco degli scacchi: liberamente perché, come ha spiegato Marco, più che il gioco in sé e le sue regole o strategie di partita, quello che lo ha sempre colpito e affascinato è piuttosto la varietà dei ruoli e delle prerogative dei pezzi colti nella loro specificità e singolarità.
A partire da queste caratteristiche, continuando quanto aveva cominciato a fare sin da bambino, egli ha attribuito loro tendenze comportamentali, pulsioni, emozioni e sentimenti, seguendo un criterio personalissimo basato su associazioni e analogie. Ad ogni pezzo è stato quindi conferita una valenza simbolica ed evocativa, trasformata, nel libro, in personaggi, dialoghi ed azioni grazie alla fantasia dell’artista e al ricco repertorio della sua “enciclopedia mentale”. Ogni racconto, infatti, prende le mosse dalla deformazione in senso antropomorfo e psicologico di un pezzo della scacchiera, che diventa personaggio e attore della vicenda, ha un nome a sua volta di grande spessore evocativo (si gioca con citazioni bibliografiche, riferimenti storici, allusioni letterarie o artistiche) e viene fatto muovere in un tempo ed uno spazio unico, cioè differente da quello di tutti gli altri, perché ritenuto il più consono alla sua caratterizzazione, anzi alla sua“personalità”.
Dunque, se il riferimento agli scacchi è un elemento unificante fra i vari racconti, questi poi risultano volutamente disomogenei, perché appunto la materia narrativa è continuamente diversificata, spaziando dalla Troia omerica, conquistata solo grazie all’inganno del cavallo escogitato da Odisseo, all’America delle gangs mafiose, passando per la Parigi della presa della Bastiglia e l’Inghilterra di Oscar Wilde. A ciò si aggiunga che anche la resa formale è profondamente variegata, grazie all’adozione di un forte sperimentalismo espressivo finalizzato alla mimesi delle tipologie testuali e comunicative prevalenti nell’epoca, nell’opera o nel genere letterario di riferimento. Ogni racconto presenta così un impasto linguistico suo proprio ed un registro stilistico peculiare, calibrato di volta in volta in base all’ambientazione.
Da questo materiale multiforme, interpretato benissimo dalla lettura recitata di Ivan Anoè, si dipana l’azione e da qui, storia dopo storia, emerge il senso complessivo del discorso narrativo, che non vuole essere soltanto di intrattenimento, ma anche un invito alla riflessione sui comportamenti umani e una proposta di interpretazione etica, peraltro annunciata sin dal titolo del libro. Siamo padroni o pedine? Ciascuno di noi aspirerebbe probabilmente ad essere più padrone che pedina, ma poi si ritrova suo malgrado a ricoprire proprio il ruolo di quest’ultima; o forse, più spesso, accade che, a seconda delle circostanze e delle relazioni interpersonali di cui è intessuta la nostra esistenza, di volta in volta interpretiamo l’una o l’altra parte, per spirito di adattamento, per incoerenza, per opportunismo, chissà… Certo la vita ci mette davanti infinite occasioni e situazioni, dove s’impone l’esigenza di operare scelte e adottare stili comportamentali; il suggerimento di Marco Toso Borella vuole forse essere quello di evitare di scelerotizzarci in un unico ed esclusivo modo di essere e di sentire, mantenendo invece l’apertura mentale e la flessibilità che ci consentano di sfruttare in modo più esaustivo le esperienze che ci si presentano.
Opera complessa, quindi, questo Padroni e pedine, colta, ambiziosa e coraggiosa. Marco Toso Borella, artista completo e consapevole del proprio ruolo autoriale, ha voluto sottolineare la sincerità e l’impegno con cui in ogni sua opera ricerca una “densità” di significato mai scontato o banale, sperimentando le modalità espressive più efficaci, originali e innovative per comunicare con il pubblico. Arriva così a mettere continuamente in gioco non solo la propria cultura e le proprie vaste competenze tecniche, ma anche le convinzioni, le idee e gli ideali in cui crede, e persino sentimenti ed emozioni personali. Insomma, tutto se stesso, perché… Ma qui preferisco lasciare che lo dica lui stesso, con parole sue:
Ho ancora in mente tanti progetti volti ad ottenere, forse, una cosa molto semplice. Vorrei costruire un buon ricordo di me per le persone care. Vorrei creare l’immagine d’una persona con molto da dire, non solo con le parole. Vorrei diventare un episodio, un esempio anche stupido da raccontare ai nipoti. Non diventare mai grande, ma vivere il mio tempo da grande.”
( http://www.marcotosoborella.it/padronipedine.htm)
Daniela Palamidese