“Tess dei D’Uberville” di Thomas Hardy
Ecco per voi un altro consiglio dai lettori dei Gruppi di lettura.
Laura Favero ci consiglia di avventurarci tra i classici (già letti o da riscoprire) e ci propone uno tra i suoi autori preferiti.
Grazie Laura! E voi cosa leggete in questo periodo?
Da Laura Favero
Quale occasione migliore di una reclusione forzata (e conseguente parecchio tempo libero a disposizione) per (ri)leggere un classico?
In particolare, in questo periodo ho pensato di sopperire all’impossibilità di fare la mia consueta gita primaverile nelle amate campagne inglesi, com’ero solita fare negli ultimi anni, per ritrovarle –splendidamente descritte- nelle pagine di un libro.
Tra i grandi scrittori inglesi del passato, Hardy si distingue per l’abilità nel descrivere i paesaggi rurali del Dorset. I suoi romanzi, tuttavia ( e “Tess…” non è da meno), si caratterizzano per la tragicità della vita dei protagonisti, che è sempre “fatale” in quanto Hardy è un profondo sostenitore della ineluttabilità del Destino. Non solo i suoi libri sono permeati dell’agnosticisimo dell’Autore, ma anche la Natura è malvagia, o meglio: al pari degli Dei dell’antico Olimpo, essa non si cura di noi.
Joan (la madre della protagonista, ndr) cominciò a considerare la disgrazia come già aveva considerato la prima sventura di Tess, come avrebbe accolto la pioggia in un giorno festivo o un raccolto di patate andato a male; come un incidente capitato loro prescindendo da meriti o pazzie; un colpo casuale ed esterno del destino, che si doveva sopportare; non una lezione.
Un libro che non si può non amare: non solo perché è scritto magistralmente, non solo perché nessuno come Hardy seppe descrivere così bene la natura nelle sue mille sfaccettature e mutamenti col trascorrere delle stagioni; ma perché – proprio in virtù di come i suoi personaggi si pongono nei confronti della ineluttabilità della sorte – ci insegna ad accettare ciò che la vita ci mette davanti, con uno stoicismo che in questo momento storico è più che mai necessario.